Tra i disturbi del sonno, le apnee notturne rappresentano una condizione particolarmente insidiosa, caratterizzata dall’interruzione temporanea della respirazione durante il riposo notturno. Ma sta arrivando la cura.
Questi arresti respiratori possono variare per durata e frequenza, influenzando negativamente la qualità del sonno a causa dei frequenti risvegli improvvisi che ne conseguono.
Le apnee notturne non discriminano e possono manifestarsi in chiunque; tuttavia, statistiche indicano una prevalenza maggiore negli uomini adulti tra i 30 e i 60 anni, con un picco intorno ai 45 anni. La classificazione di questa patologia varia in base alla sua gravità: da centrali a ostruttive, da miste a lievi, moderate o intense.
Nonostante le cause esatte delle apnee notturne rimangano ancora oggetto di studio, alcuni fattori di rischio sono ben identificati. L’obesità è tra questi il più rilevante; l’eccesso di peso può infatti comprimere le vie respiratorie riducendone il calibro. Anche l’età gioca un ruolo importante: nel corso degli anni si verifica una perdita di tonicità muscolare nella gola che può portare al collasso delle vie aeree durante il sonno.
Altri fattori includono anomalie come il setto nasale deviato, congestione nasale dovuta a raffreddori o allergie stagionali, abuso di alcolici e farmaci sedativi, alcune patologie neurologiche, fumo di sigaretta ed episodi ansiosi o depressivi. Nei bambini invece l’ingrossamento delle adenoidi e delle tonsille può essere responsabile degli episodi apnoici.
Le conseguenze dell’apnea notturna variano in base alla sua gravità ma possono includere alterazioni della frequenza cardiaca (tachicardia o bradicardia), sonnolenza diurna estrema, aumento degli ormoni dello stress e reflusso gastroesofageo. Nei bambini si possono osservare ritardi nella crescita fisica ed emotiva.
Recentemente è stata annunciata una svolta significativa nel trattamento delle apnee notturne grazie al lavoro dei ricercatori della University of California San Diego School of Medicine guidati dal Dr. Atul Malhotra. La molecola tirzepatide – già nota per il trattamento del diabete tipo 2 – ha dimostrato efficacia anche nelle terapie contro l’apnea notturna.
Lo studio pubblicato sul New England Journal of Medicine ha coinvolto 469 partecipanti obesi affetti da forme moderate a gravi dell’apnea notturna che utilizzavano la terapia CPAP (Continuous Positive Airway Pressure). A questi pazienti sono state somministrate dosaggi specificati di tirzepatide per via iniettabile confrontandoli con placebo su un periodo di 52 settimane.
I risultati hanno evidenziato come la tirzepatide abbia contribuito significativamente alla riduzione degli episodi apnoici durante il sonno oltre ad aver migliorato altri aspetti legati al disturbo quali la riduzione dei fattori rischio cardiovascolari e la diminuzione del peso corporeo. L’unico effetto collaterale riportato è stato un lieve dolore allo stomaco.
Questo nuovo approccio farmacologico rappresenta quindi una promettente alternativa alle cure esistenti per coloro che non tollerano bene i dispositivi CPAP tradizionalmente impiegati nel trattamento dell’apnea notturna.
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