Una recente ricerca sui fertilizzanti ha dato risultati sconvolgenti riguardo l’uso di feci e urine nei campi: ecco cosa ci dicono gli studi.
L’utilizzo di fertilizzanti naturali derivanti dalle feci di animali è stato a lungo l’unico modo con il quale gli agricoltori miglioravano il rendimento dei loro campi. In epoca moderna questo metodo tradizionale è stato sostituito dall’utilizzo di compost sintetici che hanno consentito l’aumento della produttività dei raccolti ed in teoria l’annullamento dei rischi derivanti dall’ingestione di prodotti realizzati grazie a compost fecali. Attualmente, però, la situazione richiede un’alternativa ai compost sintetici, poiché questi innalzano il livello di inquinamento globale – inquinano acqua, aria e portano al declino conseguente della fauna selvatica – e secondo recenti ricerche comportano il 2% del consumo energetico globale.
Va considerata inoltre la situazione economico-politica attuale. In Europa gran parte dei fertilizzanti sintetici vengono importati dalla Russia e dalla Bielorussia e presto l’aumento dei costi di acquisto sarà tale da costringere le aziende agricole ad alzare il prezzo dei loro prodotti, con conseguenze ovvie sul costo delle materie prime e dunque dei prodotti alimentari. Se la situazione non dovesse migliorare ci sarebbero enormi problemi di sostenibilità dell’attività agricola e altrettanti problemi economici per i consumatori. Si stima infatti che l’aumento del costo dei prodotti alimentari potrebbe esporre al rischio denutrizione 100 milioni di persone.
Già da tempo si studiano metodi per sostituire i compost sintetici così da ridurre l’impatto ambientale dell’agricoltura. Uno degli studi che riguardano proprio questo campo di ricerca è stato effettuato in Germania, grazie ad un progetto di ricerca finanziato dall’Università di Hohenheim e quella di Leibiniz. La ricerca era finalizzata ad analizzare i risultati ottenuti nella coltivazione di campi di cavolo attraverso la fertilizzazione realizzata con compost di urine e feci umane. I ricercatori dovevano capire se l’utilizzo di simili fertilizzanti potesse dare risultati equiparabili a quelli sintentici e se l’utilizzo di escrementi umani fosse pericoloso per la salute dei consumatori.
Dopo anni di studio i risultati pubblicati sulla rivista scientifica ‘Frontiers in Environmental Science‘ sono decisamente positivi. La ricercatrice dell’Università di Hohenheim Franziska Häfner, coautrice dello studio, ha spiegato alla rivista che i risultati ottenuti sono stati confrontati con quelli di un campo fertilizzato con la vinaccia, un compost sintetico molto utilizzato nel settore che viene estratto dalla barbabietola da zucchero ed è un sottoprodotto del bioetanolo. Il confronto dei dati ha mostrato come i risultati ottenuti nei campi fertilizzati con compost a base di urine umane siano praticamente identici. Ma cosa più importante: “Non hanno mostrato alcun rischio per quanto riguarda la trasmissione di agenti patogeni o prodotti farmaceutici”.
Per quanto riguarda l’utilizzo di compost fecali di derivazione umana, la risposta dei campi è stata tra il 20% ed il 30% inferiore a quella dei campi coltivati con metodi convenzionali. Tuttavia i dati dimostrano che la fertilizzazione tramite feci umane dà risultati maggiormente duraturi nel tempo. Questo ha portato alla conclusione che l’ideale sarebbe un compost misto di feci e urine umane, che possa dunque dare risultati immediati vicini a quelli delle coltivazioni convenzionali ma al contempo possa arricchire il terreno di componenti fondamentali (come il carbonio nel suolo) per la produzione a lungo termine.
Parte dello studio, come detto, era finalizzato a capire quali rischi possa comportare l’utilizzo di feci e urine umane nella coltivazione. Per comprenderlo le ricercatrici hanno analizzato 310 sostanze chimiche tra cui repellenti per insetti, additivi per gomma e ritardanti di fiamma che le persone potrebbero buttare nelle loro toilette. Inoltre sono state analizzate le tracce di medicinali che solitamente rimangono nelle urine. Dai dati raccolti è emerso che oltre il 93% delle sostanze chimiche ricercate non sono state rilevate, mentre il restante 7% è stato trovato in quantità molto basse. Per quanto riguarda i medicinali, sono state rilevate tracce di ibuprofene e carbamazepina, residui che sono stati assorbiti dalle radici. Anche in tal senso dunque i risultati sono incoraggianti e sembrano suggerire che i rischi per la salute dei consumatori siano veramente bassi.
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