La rivalutazione delle pensioni avviene in seguito ad un’attenta analisi del costo della vita e del rincaro generale dei prezzi. Tuttavia, molti cittadini italiani potrebbero essere penalizzati dalla perequazione relativa all’anno 2023. Approfondiamo insieme l’argomento.
Il tema relativo all’assegno pensionistico rappresenta uno degli argomenti maggiormente dibattuti nel corso della successione dei vari Governi. La stessa Giorgia Meloni sembra stia mostrando qualche difficoltà.
Il motivo per cui in Italia l’età minima pensionabile corrisponde a 67 anni (salvo accesso ad eventuali agevolazioni), risiede nel fatto che lo Stato non ha abbastanza fondi per gestire le pensioni di tutti i cittadini italiani. L’evasione fiscale e la mancanza di lavoro tassabile, ha ridimensionato drasticamente le tasche dell’INPS – prima Istituzione responsabile dell’assegnazione della cifra di mantenimento mensile. Questo aspetto fondamentale blocca sostanzialmente l’economia: il personale anziano non può lasciare il mondo del lavoro, occupa così impeghi che potrebbero essere accessibili a personale giovane; al contempo i giovani lavoratori non riescono a trovare un impiego stabile che consenta il raggiungimento dell’indipendenza economica dai propri genitori o tutori. Per questo motivo, spesso i Governi approvano delle agevolazioni che consentono l’accesso alla pensione anticipata, sulla base di determinati requisiti. Tornando alla cifra precisa, quest’ultima si basa sugli anni di contributi e sulle condizioni economiche vigenti.
Come abbiamo anticipato, uno dei fattori che influenza la cifra assegnata dall’Istituto Nazionale di Previdenza Sociale, risiede nelle condizioni economiche del nostro Paese. Il rincaro generale dei prezzi ha provocato un’impennata rispetto alla percentuale di inflazione (al momento 11%), di conseguenza – lo Stato, attraverso il processo di perequazione – rivaluta gli assegni pensionistici, in modo da adeguarli all’attuale costo della vita. Tuttavia, come abbiamo anticipato nel paragrafo precedente, al momento lo Stato non possiede i fondi necessari per occuparsi delle pensioni dei cittadini italiani. La rivalutazione avrebbe dovuto contemplare un aumento generale dell’assegno pensionistico, in realtà questo aspetto riguarderà solo una determinata fascia di cittadini italiani. Tutti gli altri subiranno un taglio delle pensioni o meglio un taglio rispetto alla percentuale che avrebbe portato un aumento dell’intero valore complessivo dell’assegno. Entrando nel dettaglio, scopriamo insieme in cosa consisterà il processo di rivalutazione per l’anno 2023.
Nel dettaglio le pensioni minime riceveranno una rivalutazione del 100%, percentuale che diminuirà sulla base dell’assegno pensionistico mensile: cinque volte il minimo (2.626 euro) rivalutazione dell’80/85%; sei volte il minimo rivalutazione del 55/53%; da otto a dieci volte il minimo, rivalutazione 35/32% e così via. Questo comporta una priorità rispetto alle pensioni minime, ma un danneggiamento ai beneficiari di pensioni superiori al minimo.
In generale, in riferimento al denaro liquido, tali percentuali corrispondono ad un centinaio di euro in più (da 160 a 124 euro); valore che diminuisce o cresce in base alla cifra originale di riferimento della pensione. Il Governo ha spiegato tale scelta nel rispetto della mancanza di fondi e nella necessità di dover aiutare i cittadini italiani in gravi difficoltà economiche.
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