Il Governo Meloni approva il bonus da 3000 euro previsto dai cosiddetti fringe benefits. Solo una determinata categoria di lavoratori potrà accedere all’agevolazione, tramite intermediazione del proprio datore di lavoro. Vediamo insieme i dettagli.
I fringe benefits rappresentano delle agevolazioni aziendali che prevedono sostanzialmente dei voucher da poter utilizzare per l’accesso a diversi servizi, così come al pagamento di bollette di luce e gas. Ogni azienda segue pertanto la propria politica in merito.
Si tratta di una manovra voluta dal Welfare che consente ai dipendenti di ricevere aiuti direttamente dalla propria azienda o datore di lavoro, sia che si tratti di una struttura pubblica che privata. Inizialmente i fringe benefits non potevano superare un massimo di 600 euro – laddove il datore di lavoro avesse avuto intenzione di eccedere nella cifra, la differenza sarebbe stata soggetta ad imposta fiscale. Il Governo Meloni ha alzato ampiamente suddetta soglia, stabilendo un massimo di 3000 euro in fringe benefits. Ad ogni modo, si tratta di un’agevolazione a discrezione dell’azienda in questione, pertanto il datore di lavoro – tecnicamente – non ha l’obbligo di consegnare la cifra ai suoi dipendenti o impiegati. Per questo motivo, in realtà i lavoratori che potranno accedere all’agevolazione risultano essere davvero pochi. Approfondiamo insieme l’argomento.
Come abbiamo anticipato, il fringe benefits è a discrezione dell’azienda oppure del datore di lavoro. Una volta chiarito questo punto, il Presidente di Confindustria – Carlo Bonomi – ha così prodotto una percentuale possibile di lavoratori che effettivamente riceveranno il bonus: parliamo solo del 17% dei dipendenti su tutto il territorio nazionale (2,5 milioni di dipendenti privati e qualche migliaio nel settore pubblico all’incirca). La difficoltà di diffusione del bonus risiede fondamentalmente nel fatto che è la proprietà stessa a dover pagare ai propri dipendenti la cifra richiesta dal fringe benefits, lo Stato infatti non è tenuto a rimborsare il datore di lavoro nel momento in cui quest’ultimo decide di offrire al lavoratore la cifra pattuita.
Come se non bastasse, il settore pubblico prevede in origine una serie di agevolazioni per i propri dipendenti, fattore che spinge tali strutture ad evitare di utilizzare l’opzione del fringe benefits. Gli operatori sanitari ad esempio godono di detrazioni fiscali in ambito sanitario, così come rispetto al rimborso di protesi, visite, presenza di asili nido, abbonamenti per mezzi pubblici e tanto altro. Fondamentalmente, il contratto pubblico prevede di per se delle agevolazioni non previste dai classici contratti privati. Per questo motivo, il Bonus di 3000 euro approvato dal Governo Meloni raggiungerà ben pochi lavoratori italiani.
L’assegnazione del bonus nel settore pubblico rappresenta una decisione esclusiva nei manager pubblici che dirigono le singole amministrazioni secondo il volere del Comune e della Regione di appartenenza. A questo proposito, lo Stato ha stanziato un centinaio di milioni per l’assegnazione dei bonus ai propri dipendenti: una manovra concreta avrebbe dovuto utilizzare oltre 5 miliardi di euro.
Per questo motivo, la maggior parte dei lavoratori nel settore pubblico non riceverà il bonus; maggiore possibilità avranno i dipendenti del settore privato, solo laddove l’azienda garantisca il pagamento della cifra di tasca propria.
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